Forme della memoria di Nino Portoghese |
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Dopo un lungo periodo di silenzio, di riflessione e di lavoro ritorna con un’esposizione personale, Angelo Cortese, uno dei pittori aretusei più discreti e riservati. La sua raffinata sensibilità pittorica, comunque attraversata dai fenomeni sociali e culturali del ‘900, non scade mai nel virtuosismo, nella leziosità accattivante, nella banale ripetizione dell’incomprensibile informale di tanta arte contemporanea, ma si muove sempre intorno ad un centro e racconta di un suo personale percorso interiore, che parte dal segno, delicatissimo e intenso. La cultura contemporanea esprime una profonda crisi della ragione che stenta a giustificare ontologicamente l’esistenza e le potenzialità dell’individuo. Tutto ciò nasce da una crisi di identità dell’Io nella post-modernità e con un moto circolare, dopo aver attraversato tutti i settori della vita sociale (dalla famiglia alla scuola, dalla politica all’economia e alla religione) ritorna al soggetto, provocando un senso ulteriore di vertigine e di smarrimento. In questa complessa probelmatica si inserisce l’ultima produzione artistica di Cortese: rivisitare, cioè, dare nuovo colore ai frammenti della memoria per ridisegnare i contorni dell’Io. Questo non è un compito facile! Non basta mettersi davanti allo specchio, evocare momenti del passato, sfogliare l’album di famiglia. Una volta aperta la porta del proprio Io, bisogna sapere cosa cercare e come cercare dentro di sé. Occorrono gli strumenti adatti. In tanti anni di studi seri personali, indagando nelle filosofie orientali, nella mistica, nelle opere del pensiero cristiano progressista alla luce delle più moderne conquiste del pensiero scientifico, Angelo Cortese ha raffinato sempre più le sue conoscenze sull’energia psichica ed ha personalizzato la sua tavolozza. Se l’individuo è un evento, come dice certa filosofia contemporanea, Angelo Cortese, attraverso la serie delle sue opere più recenti, ci dice: io sono la mia memoria. Se la figura ha la fissità dell’istante fotografico, è la presenza dell’oggetto a riproporre l’intensita dell’emozione; la poetica degli oggetti non è, quindi operazione nostalgica ma presenza, che ripropone un vissuto di cui riappropiarsi definitivamente. Un bambino con accanto la presenza rassicurante della madre, sullo sfondo un cavvallo a dondolo…un iridiscente abito di tulle…una palla di pezza…un bambino seduto per terra ai piedi di un muro, da cui scende lussureggiante una folta vegetazione in forme quasi antorpomorfe, mentre una fessura sul muro fa intravedere misteriosi spazi di un futuro ancora lontano… Al di sotto di tutte queste immagini che scorrono in sequenza c’è sempre il disegno, deposito cristallizzato, segno-gesto veloce che traduce la musicalità del sentire. È più interessante attraversare la materia, la corporeità, che raggiungere un fine, perché questo è il compito dello spirito: trascinare tutto il peso del sensibile verso la consapevolezza e la luce. Le immagini del passato diventano, così, icone della memoria. In quest’ottica l’invenzione è pericolosa perché rischia di scadere nell’arte per l’arte, porta a fantasticare lontano dalla realtà; il modello-forma rivisitato, riattualizzato è, invece materia che contiene in sé la tensione del divenire. L’ansia del momento creativo diventa il dramma dell’attraversamento non risolto per la fretta di approdare a zone superiori di coscienza. L’atto creativo, pertanto, acquista il sapore di un recupero cosciente di attraversamenti mancati, di di evitati rimorsi, frettolosamente risolti. Conoscersi, evolversi, creare significa atturare pienamente l’incarnazione: bisogno di acquistare un corpo per conoscere-attraversare il vivente. Mentre nelle filosofie orientali la via del Nirvana è intesa come rifiuto della sofferenza, delle passioni e, quindi, della fisicità, nelle opere di Cortese il valore cristico è inteso come attraversamento, assunzione della fisicità e della sofferenza affinchè la materia si liberi via via della pesantezza e permetta che dal nuovo utero esca quell’unità psico-fisica, di cui la memoria è il bagaglio essenziale che consente questa rinascita. Si può dire che è la luce la vera protagonista nell’ultima produzione di Cortese, una luce che apparentemente dissolve ed invece lega tutto. È così nel giardino della memoria (opera seconda). Qui è la luce a creare un’atmosfera di sognante evocazione, una luce calda che illumina i dettagli e ne accende i colori dai toni tiepoleschi. Una luce che accarezza e rende uniformi pietra, fiori, personaggi ma non tanto da annullarne le varie identità. Costruire una serie di immagini e poi, con la tecnica della dissolvenza, far sì che tutto diventi un'unica cosa. In questa distillazione bisogna, cercare l’essenza stessa dell’Io, perché nell’attraversamento dell’immagine-metafora c’è la possibilità della riappacificazione con sé stessi. In tutte le opere il senso del mistero si materializza ora sottoforma di luce irreale, ora come folta e inquietante vegetazione, oppure come messaggio cifrato. Strane e incomprensibili scritte, graffiate e logorate dal tempo che traducono un ordine arcano ed arcaico, qualcosa che viene da lontano, in cui si avverte un ordine che resta, però, indecifrabile. Si potrebbe definire come un segno musicale inciso: Il verbo, la Parola di Dio è musica che stratificandosi crea le forme, al modo dei mantra induisti. Musicalità-immagine è non solo vibrazione ma vibrazione visualizzata. Permane, allora, il senso del mistero nelle cose, mai velate e mai chiarite, che viene a costituirsi come un orizzonte di senso di un’ontologia che tutto ingloba, tutto racchiude; passato e presente, razionale e sovrarazionale, immanente e trascendente, infanzia e maturità.
Forms of the memory by Nino Portoghese |
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Angelo Cortese comes back with a personal exposition, after a long period of silent and reflexive work, he is one of the most discreet “Aretusei” painters. His pictorial sensibility is crossed by social and cultural phenomena of “900”, it doesn’t become virtuosity, or charming affectedness and banal repetition of informal incomprehensible, typical of much contemporary art, he always moves around a centre and he tells his personal inner way, it starts from the soft and deep sign. The contemporary culture expresses a deep crisis of reason unable to justify the ontological existence and the human potentiality. All that rises after an identity crises in the post modern society, using a rotator motion, Angelo Cortese crosses all the fields of social from family to school, from politic to economy and religion, he returns to the subject, causing a sense of giddiness and confusion .It is in this complex and problematic context the last Cortese’s production inserts: he wants to revisit, it means to give new colour to the fragments of memory. This isn’t an easy task! IT isn’t enough to look himself in a mirror, to recall moments of the past to turn over the pages of a family album. When you open the door of yourself it is necessary to know what and how to look for in yourself, you need the right instruments. Angelo Cortese has improved his knowledge on mental energyand he has improved hi palette after serious and personal studies on oriental philosophy, on mystical theology and on modern Christianity. As the modern philosophy says, if man is an event Angelo Cortese says us trough more recent works:”I am my memory. If the picture has the fixity of a photo, it is the presence of the object to repurpose the intensity of emotion; the poetic of object isn’t a nostalgic operation but nostalgic presence, it means a series of experiences you need reappropriating.For example a child with his mother, a rocking horse, an iridescent tulle dress….., a rag ball…., a child seated under a wall covered of luxuriant vegetation that acquires anthropomorphus forms, in the same time a crack on the wall shows mysterious. The drawing is under those images that flow in sequence, it is crystallized deposit, quick sign able to translate the musicality of feeling. It is more interesting to cross the substance that to reach an aim, because this is the duty of the spirit: to drag sensibility towards awareness and light. The images of past become now: icons of memory. From this point of view the invention is dangerous because it risks to decrease in art for art, it brings to dream far from reality, so the model form revived again is the substance able to contain the tension of becoing.The anxiety of creative moment becomes the tragedy of impossible crossing the cause of a great hurry to land in higher zone of conscience. The creative act is now an aware recovery of missed opportunities, avoided regrets quickly solved. Knowing himself, to grow, to create, it means to effect the intensity of incarnation: the need to acquire a body in order to know and cross the life. While in the oriental philosophy the Nirvana is intended as refuse of suffering, passions and physical ness, in Cortese’s work the critic value is the crossing, the assumption of physical ness and suffering so the substance is free and light, it allows to the psico-phisic unity to come out, now memory is the essential element which allows this rebirth. We can say that light is the true protagonist of last Cortese’s production, a light that dissolves and links, in the same time, everything. It is in this way in the garden of the memory (2° work). The light creates an atmosphere of dreaming evocation, a hot light able to shine upon details and it kindles the picturesque colours. A light that caresses and levels stone, flowers and people without eliminating the various identity. Building up a series of images and then using the technique of dissolver, he is able to unify everything in this operation he is looking for the true essence of himself; because in the crossing of image-metaphor there is the possibility to reconcile with himself. In all works the sense of mystery concretizes in real light, in thick vegetation or coded message. Strange and incomprehensible lines which translates an arcane and archaic order, it is something coming from far, with an intelligible order. We can say it is a musical sign: God’s word is music which creates forms, as induist mantra. Musicality-image isn’t only vibration but visualized vibration. It remains the sense of mystery in things, never clarified, it comes and creates a horizon of sensibility, it incorporates past and present, rational and irrational, immanent and transcendent, childhood and maturity. |
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